Cervice uterina
La cervice uterina è localizzata nella porzione inferiore dell’utero ed è in diretto collegamento con la vagina.
Utero
Si tratta di un organo impari, cavo, situato al centro della piccola pelvi, tra la vescica anteriormente ed il retto posteriormente. Presenta uno strato più interno (endometrio), uno strato intermedio, costituito da tessuto muscolare (miometrio) contenente la maggior parte dei vasi sanguigni e nervi che riforniscono l’utero, e un rivestimento esterno costituito da tessuto connettivo (sierosa o perimetrio).
Vagina
La vagina è costituita da un canale dalle pareti elastiche che si estende dalla cervice uterina alla vulva.
Ovaio
Sono organi pari, delle dimensioni di una grossa mandorla, situati nella parete laterale della piccola pelvi. Hanno la funzione di produrre le cellule germinali femminili (ovociti) e di secernere gli ormoni sessuali femminili.
Le neoplasia della cervice uterina possono avere origine da una delle due tipologie cellulari che la rivestono (squamose e ghiandolari), che possono quindi dare origine a carcinomi a cellule squamose, più frequenti, o adenocarcinomi (circa il 10-15% delle diagnosi).
Il fattore eziologico di questa neoplasia è rappresentato dall’infezione persistente da Papilloma virus (HPV), a trasmissione per via sessuale, e i fattori di rischio riguardano fondamentalmente tutte le condizioni che favoriscono l’infezione quali il basso livello socio-economico (con scarso accesso alla prevenzione), il numero di partner, la giovane età di inizio dell’attività sessuale e la parità. La diagnosi precoce rappresenta l’arma più efficace nella prevenzione: lo screening mediante Pap-test e la recente aggiunta della ricerca del test virale hanno contribuito alla riduzione di incidenza e mortalità per la neoplasia. La lunga fase preclinica della malattia e la possibilità di diagnosticare e asportare sotto guida colposcopica le lesioni precancerose (displasia severa H-SIL) costituiscono i punti di forza di questo programma di prevenzione secondaria.
Nel 2020, sono attese circa 2.400 nuove diagnosi (1,3% di tutti i tumori incidenti nelle femmine), con una maggiore frequenza nella fascia giovanile (4% dei casi, quinta neoplasia più frequente).
I tumori del corpo dell’utero originano nel circa 80% dei casi dall’endometrio e riguardano in una percentuale molto elevata donne in menopausa: in questo caso l’istologia è quasi sempre quella dell’adenocarcinoma.
Nel caso in cui la malattia abbia origine dalle cellule muscolari che compongono lo strato più esterno del corpo uterino, si parla di sarcomi uterini, una tipologia di neoplasie più rare ed eterogenee (in circa il 2% dei casi di tumore del corpo uterino si tratta di leiomiosarcomi, mentre i sacomi endometriali stromali ne rappresentano circa l’1%).
Sono attesi, nel 2020, 8.300 nuovi casi (poco meno del 5% di tutti i tumori femminili) di tumori del corpo uterino. Questa, infatti, rappresenta la terza neoplasia più frequente nella donna nella fascia di età compresa tra 50 e 69 anni. Esistono, inoltre, forme tumorali che presentano caratteristiche miste tra adenocarcinomi e sarcomi: in questo caso si parla di carcinosarcomi uterini. (https://www.aiom.it/i-numeri-del-cancro-in-italia/).
I tumori della vagina rappresentano circa il 5% delle neoplasie che colpiscono l’apparato genitale femminile. La patologia può colpire persone di tutte le età, ma nella maggior parte dei casi la diagnosi riguarda donne oltre i 50 anni (oltre i 70 anni nella metà dei casi) e molto più raramente donne di età inferiore ai 40 anni. Uno dei fattori di rischio più importanti per le neoplasie della vagina è rappresentato dall’infezione da Papillomavirus. L’esposizione in utero al dietilstilbestrolo (DES), un farmaco che veniva prescritto tra il 1940 e il 1970 per prevenire l’aborto, ha dimostrato essere un fattore predisponente allo sviluppo di questo tipo di tumore.
L’istologia più frequente è quella del carcinoma squamoso, che comunemente trae origine nella zona vicina alla cervice uterina da una lesione precancerosa (VAIN, dall’inglese vaginal intraepithelial neoplasia) che può in seguito diventare tumore anche a distanza di parecchi anni. Meno frequenti sono gli adenocarcinomi della vagina, che originano dalle cellule ghiandolari e rappresentano circa il 15% di tutte le neoplasie ad origine vaginale. Molto più rari sono i sarcomi ed i melanomi vaginali.
Il tumore dell’ovaio primitivo ha origine dalla divisione incontrollata delle cellule che lo compongono. Dal punto di vista istologico, a seconda del tipo cellulare da cui prendono origine, possono essere suddivisi in:
Tumori epiteliali, ad origine dalle cellule che rivestono l’ovaio, che rappresentano circa il 60% di tutte le neoplasie ad origine ovarica e colpiscono donne sia in età riproduttiva che post-menopausale. Tra i tumori epiteliali dell’ovaio le forme sierose di alto grado ne
rappresentano circa il 70% e sono associate nel 50% dei casi a deficit genetici che alterano i meccanismi di riparazione dei danni al DNA.
Tumori stromali, che rappresentano circa il 4% delle neoplasie ovariche;
Tumori germinali, che derivano dalle cellule da cui hanno origine gli ovuli; costituiscono il 15-20% delle neoplasie ovariche, sono maligni solo nel 5% dei casi, e solitamente diagnosticati nel 40-60% dei casi in età inferiore a 20 anni.
Secondo i dati AIOM/AIRTUM, nel 2020 sono stimate circa 5200 nuove diagnosi di tumore dell’ovaio, con una mortalità stimata per lo stesso anno di circa 3000 decessi.
Uno dei sintomi più frequenti dei tumori dell’utero (endometrio e cervice) e della vagina è rappresentato dal sanguinamento vaginale anomalo, in quantità variabile da striature a vere e proprie emorragie, che può comparire in corso di menopausa o in un momento diverso rispetto a quanto previsto nel normale ciclo mestruale oppure dopo un rapporto sessuale. Altri sintomi, tipici soprattutto delle fasi più avanzate, includono perdite vaginali anomale maleodoranti, dolori nella regione pelvica o lombare, dolore durante i rapporti sessuali, costipazione o difficoltà ad urinare.
I tumori dell’ovaio sono di solito asintomatici nelle fasi iniziali, rendendo una diagnosi precoce alquanto difficile. Nelle fasi più avanzate, sintomi aspecifici quali addome gonfio, aerofagia e bisogno frequente di urinare dovrebbero portare le donne ad eseguire una valutazione ginecologica ed un’ecografia pelvica o transvaginale di controllo.
La terapia dei tumori della cervice uterina dipende dallo stadio di malattia al momento della diagnosi.
Negli stadi iniziali di malattia, un intervento chirurgico a finalità radicale più o meno conservativo (chirurgia laser, conizzazione, isterectomia) può essere preso in considerazione. Nelle malattie più avanzate, il trattamento di elezione è rappresentato dalla radio-chemioterapia esclusiva, seguita da radioterapia interventistica (brachiterapia).
In casi selezionati (in particolar modo nelle forme più avanzate di malattia) può trovare indicazione una chemioterapia sistemica con farmaci tradizionali associati a meno a target therapy.
Grazie alla stretta collaborazione multidisciplinare con il team della Ginecologia Oncologica, sono, inoltre, in corso diversi protocolli sperimentali dedicati alle pazienti con diagnosi di neoplasia della cervice uterina, la cui eventuale indicazione potrà essere valutata caso per caso.
Il trattamento delle neoplasia del corpo dell’utero (o endometrio) prevede in prima istanza, ove fattibile, l’esecuzione di un intervento chirurgico a finalità terapeutica e di stadiazione. Alla luce dello stadio di malattia e dei fattori di rischio evidenziati all’esame istologico del pezzo operatorio, la paziente potrà essere sottoposta dopo la chirurgia a radioterapia e/o chemioterapia.
La radioterapia può essere somministrata mediante fasci esterni e/o internamente mediante la radioterapia interventistica (o brachiterapia): la scelta tra uno dei due tipi (o di entrambi) dipenderà dallo stadio di malattia.
Il trattamento standard per le neoplasie della vagina è di solito rappresentato dalla radioterapia esclusiva associata o meno a chemioterapia. La radioterapia può essere eseguita con la brachiterapia o dalla combinazioni di radioterapia a fasci esterni e brachiterapia a secondo dell’estensione della malattia. La chirurgia può essere presa in considerazione in casi selezionati (stadio iniziale e piccole dimensioni)
Il trattamento del tumore dell’ovaio prevede, ove possibile, l’esecuzione di un intervento chirurgico (con intento radicale o di riduzione della massa tumorale o debulking) preceduto e/o seguito da chemioterapia.
La radioterapia può trovare indicazione con finalità di controllo locale o palliativo/antalgica a livello di metastasi loco-regionali e/o a distanza.
La Radioterapia Oncologica GemelliART dispone di un Servizio di Radioterapia dove sono i macchinari per la cura radioterapica, un DH dove viene erogata la terapia sistemica concomitante, ove necessaria, ed un reparto di degenza riservato al trattamento delle pazienti con fragilità.
Durante il trattamento le pazienti saranno sottoposte a visite periodiche per il monitoraggio degli eventuali effetti collaterali delle terapie erogate.
Al termine del trattamento radiante, le pazienti saranno rivalutate periodicamente in ambulatori di follow up dedicati.
Durante l’intero percorso all’interno della Radioterapia Oncologica del Gemelli ART le pazienti verranno seguite da un team di radioterapisti esperti nella patologia onco-ginecologica.
La Radioterapia Oncologica del Gemelli ART dispone inoltre di:
Dati relativi al 2019:
Pazienti trattati c/o il nostro Centro: 349
di cui:
– Finalità curativa: 282
– Sterotassi: 25
– Palliazione: 42
Pazienti in follow up entro i 2 anni dal termine delle terapie: 979