Se la Giornata del Sollievo fosse un’arte, per me sarebbe uno spartito, che, disegnato dalle note abbraccia, allieta e accompagna la storia da me vissuta in tutti questi anni.
Scorrendo infatti le foto scattate nel corso delle varie edizioni, oltre a scorgere i segni del tempo sul mio volto, colgo la mia presenza in momenti canori tipici della Giornata.
In particolare mi piace ricordare due momenti che, pur ripetendosi nelle varie edizioni, non perdono di unicità per i loro protagonisti.
Il CORO CAMICI E PIGIAMI è uno dei miei primi ricordi. La settimana che precedeva la Giornata Nazionale del Sollievo, con la gioia di invitare i pazienti a partecipare alla domenica, oltre a consegnare loro dei gadget ricordo, abbiamo organizzato delle vere e proprie prove in sala di attesa al suon della chitarra per poterci poi esibire come coro. Camici e pigiami su uno stesso palco: le voci si fondono come anche vesti si confondono e l’insieme è qualcosa di sempre nuovo, inevitabilmente fonte di sollievo fin dal primo momento delle prove in corsia, fin dalla trepidazione dell’esibizione, fino al trenino che talvolta in modo spontaneo, al suon delle nostre voci, un po’ stonate e un po’ intonate, faceva la coreografia al nostro gruppo.
Il secondo momento a me molto caro è il SALMO LAICO. Questa volta si canta un ritornello che invita alla gioia, alla condivisione, allo stare accanto: “canta con noi, batti le mani, alzale in alto, muovile a ritmo del canto, stringi la mano del tuo vicino e scoprirai che è meno duro il cammino così”. Un mimo accompagna il canto del ritornello, poi tutto si arresta, rimane l’arpeggio della chitarra a dare voce ai cuori dei pazienti ricoverati che su un foglietto hanno scritto cosa sia il sollievo per loro. Parlano le loro storie e le loro speranze e dopo il “per me il sollievo è…” qualunque cosa sia, risuona il ritornello tra noi Ragazzi del Sollievo che coinvolgiamo tra una strofa e l’altra il pubblico, che insieme è pronto a cantare, stringere le mani, alzarle in alto e muoverle al ritmo del canto. La sintesi della giornata.
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Un profumo di comunità che naturalmente si è costituita in tutta la giornata nel nome del Sollievo e che predispone alla celebrazione eucaristica che ogni anno segue al Salmo Laico.
Ricordo un anno in cui la musica è stata protagonista oltreché della chiusura della Giornata anche della apertura. Aprimmo la giornata invitando un coro africano, gospel. L’animatore era un sacerdote conosciuto da uno di noi ragazzi a Lourdes, Padre Paul. E quel giorno i Ragazzi del Sollievo si unirono al coro con un ingresso stile marcia con una musica tribale, con tanto di bongo africano e balli.
Quello che mi affascina ad ogni giornata è come i Ragazzi del Sollievo riescano a essere protagonisti pur facendo cose semplici: accompagnando i pazienti ricoverati nella hall, invitando coloro che non possono recarvisi a seguire dal canale in TV quello che avviene sul palco, accogliendo i ragazzi che dal Nord e dal Sud Italia giungono fino a Roma con i “Treni del Sollievo” per visitare gli antichi ospedali romani e riscoprire il senso originario dell’accoglienza e dell’assistenza.
Cosa mi rimane dei Ragazzi del Sollievo oggi nella mia vita da medico sono i sensi. In particolare: lo sguardo e l’ascolto. Quello sguardo tenero, ma interessato, tenuto vivo dall’ascolto delle storie di chi hai di fronte e dall’ascolto dei loro silenzi: in molte occasioni questo è per me quel terreno, fertile di alleanza terapeutica capace di andare oltre il risultato della terapia, oltre il limitato tempo del contatto fisico, divenendo relazione umana e eterna.
Ma per questo non esistono libri; il libro lo scriviamo noi e l’esame è la qualità della relazione che ci ritroviamo a vivere e costruire con le persone che non solo curiamo ma di cui vogliamo prenderci cura.
Silvia CHIESA
Ragazza del Sollievo dal 2004 ad oggi
“Ragazza del Sollievo per sempre. Di tutto questo mi rimangono i sensi”